Ritorno in Iraq Il momento sbagliato Come il presidente Kennedy fece in Vietnam Obama farà in Iraq, inviando altri 450 istruttori militari per aiutare le forze locali. Il primo voleva difendere il sud est asiatico dall’aggressione dell’esercito di Hanoi, il secondo per riconquistare Ramadi all’Is. Così come avvenne che Kennedy, in breve, dovette aumentare il quantitativo di consiglieri, fino a che l’America avrebbe schierato con Lyndon Johnson intere divisioni, lo stesso dovrà fare Obama o qualcun altro, al suo posto. L’Iraq di oggi, come il Vietnam allora, si trova sottoposto ad una tale pressione per la quale è difficile pensare che ce la si cavi con qualche istruttore e dei raid pilotati dai selfie involontari scattati dai jahdisti a rivelare la loro posizione. In Vietnam si combattette per 14 anni con una coalizione di forze a terra direttamente guidata dal comando americano. Se Obama conta di limitarsi ai 400 istruttori ed ai raid aerei, il mondo si prepari ad una guerra con l’Is lunga 140 anni. Kennedy avrebbe potuto stroncare le velleità del Vietnam del nord schierando immediatamente un esercito. Invece la pochezza della risposta statunitense incoraggiò l’aggressione nord vietnamita. Obama poteva addirittura limitarsi a lasciare i soldati che c’erano invece di avere tanta fretta di ritirarli. Evidentemente, nonostante i comandi americani gli avessero detto di non farlo, la Casa Bianca aveva deciso comunque. Una sciocchezza demagogica che si pagherà a caro prezzo e crediamo che oramai questo sia evidente a tutti. Il problema è che quando un leader prende un abbaglio tanto grosso, come quello di sottovalutare l’Is e la sua capacità di diffusione in Iraq appena i marines si fossero ritirati, nessuno può essere certo che mostri maggiori capacità di comprensione della politica internazionale in settori altrettanto nevralgici. Se Obama ha sbagliato in Medio oriente, perché mai dovrebbe aver ragione sul fronte dell’est europeo? Non sarà piuttosto che nell’ambito dei rapporti con la Russia e l’Ucraina, il presidente americano stia prendendo un’altra cantonata? Considerando questa possibilità fa piacere sapere che il governo italiano, il Vaticano, il principale partito di opposizione, nutrano per lo meno qualche riserva sulla sfida lanciata da Obama a Putin, in quello che appare per lo meno, il momento sbagliato. Roma, 11 giugno 2015 |